Le storie dei nostri StoneMen!

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2021

Brixia Stoneman 3 Luglio 2021

È notte. Tutto attorno ci sono le cime con ormai solo poche tracce di quello che una volta erano i ghiacciai, ma quel che rimane riflette quel poco di luce che c’è ancora nell’atmosfera. Con Fabio guardiamo ammirati questo spettacolo. Sono circa le 10 di sera e saliamo verso la meta. “Fabio. Io mi spengo. Non parlo più. Devo concentrarmi altrimenti mi fermo”. Accendiamo le luci sulla fronte e il percorso diventa veramente impegnativo, ma forse sono io che sono alla frutta. Anzi è così. Fabio non dice nulla, ma capisco che mi sta accudendo come una chioccia. Lo capisco dal fascio di luce della sua torcia frontale. Fa due passi e gira la testa verso di me che gli sono dietro. Vede che ci sono e si rigira per tracciare immediatamente il percorso meno impegnativo. Di tanto in tanto mi dice “dai Max è fatta”. Solo che io conosco molto bene quel percorso e so che ce n’è ancora per una oretta. Un passo e poi un altro.

Penso a Virna che mi ha accompagnato per 31 km di corsa/camminata e che proprio prima dell’ultima ascensione ha avvertito dei crampi.

Penso a Roberta che son tre anni che mi sopporta con ‘sta storia dell’estremo e che se stavolta non finisco mi sfascia la bici a martellate.

Si. I miei angeli ci sono per la terza volta consecutiva (anno Covid a parte). A dire il vero non me la sentivo di chiedere nuovamente al mio Presidente del Padova triathlon (Fabio Vason) e a sua moglie (la First Lady Virna Stavla) di farmi da supporter; la paura del “non c’è due senza tre” mi terrorizzava. Non avrei potuto sopportare di dare a loro una ulteriore delusione. Figuriamoci a mia moglie Roberta. Se l’insuccesso all’ICON di Livigno tutto sommato lo avevo metabolizzato, lo Stoneman del 2019 mi bruciava ancora e fino a ieri faceva ancora tanto male. Ora voglio quell’applauso.

Lo Stoneman non è solo una gara di triathlon estrema. Per uno come me alla soglia dei 60 anni è un viaggio e per giunta lungo. Tanto lungo. Le distanze sono più o meno quelle classiche dell’Ironman, ma i dislivelli sono decisamente importanti (ca. 4000 metri di dislivello in bici e oltre i 2000 a piedi). Passo dell’Aprica, Mortirolo e Gavia: in bici sempre in spinta con solo meno di 50 minuti complessivi di discesa. A piedi è anche peggio con presenza di salite su piste da sci nere e rare discese talune a rotta di collo.

Virna, dai andiamo. Voglio quell’applauso. Finalmente termino la seconda frazione e metto giù la bici in zona cambio, ma non vedo i miei angeli e scatta il turpiloquio tra la ilarità del pubblico e dei volontari. No eccoli. “mi ritiro. Basta”.

Virna non fa una piega. Roberta nemmeno e mi infila le scarpe. Iniziamo a correre a piedi.

Arriviamo alla prima stazione di rifornimento dopo 6km: ho fame, ma basta barrette e sali. Vi prego datemi del pollo, delle patatine, una birra. Per contro mi rifilano un pacchetto di cracker che apro e lascio li perché mi si chiude lo stomaco. Apposto!!!!

Via di corsa fino al 10° Km dove stramazzo a terra. “Basta io mi ritiro”. Virna come Panoramix estrae dallo zainetto la pozione magica. Non so cosa sia e senza fiatare butto giù tutto; fosse diserbante o metanolo butterei giù anche quello. Tempo 5, dico 5, ripeto 5 minuti l’integratore entra in circolo e da lì non ce n’è più per nessuno. In realtà sappiamo tutti che non esiste nulla al mondo in grado di garantire una ripresa così rapida….anzi si, un paio di cose ci sono. Ho guardato intensamente negli occhi la mia fantastica supporter; le avevo promesso di varcare assieme il traguardo. Chiamatela come volete: stima, orgoglio, riconoscenza…..ho scavato dentro di me alla ricerca delle ultime energie….forza, in piedi, passo SMALP (scuola militare alpina) e via in salita. Perché io voglio quell’applauso. Superiamo tutto ciò che è davanti a noi e la compagnia di Virna è piacevole: lei parla mentre io non riesco a fiatare.

Arriviamo alla seconda vetta (Valbione) e di lì a poco inizia una discesa ripidissima. La campionessa italiana si mette davanti per tracciare il percorso rendendomi meno penosa la discesa, ma i dolori sono troppi forti. Quali dolori?

Discesa del Mortirolo in bici qualche ora prima. “ma che ca………..o fai?” ‘Sto stronzo mi attraversa la strada senza rendersi conto che sto arrivando a tutta. Lo evito, ma sono veloce; invado la corsia opposta, la bici si scompone. Muretto alto venti centimetri con rete metallica. Ci rimbalzo e striscio sull’asfalto. Non so come, ma sono salvo. Rimonto in bici. Oggi non ho tempo per litigare. SEEEEEEE.  Ho rischiato la mia verginità nel voler salire alla bersagliera; la sella ha la punta rivolta verso l’alto e in più la catena è incastrata tra le due corone……NOOOOOOOOO. E’ finita. “Io mi ritiro”. “Oh Tu. Oh Tu. Si Tu. Tu. Ohhhhhh. Fermati fermati. dammi una mano ti prego” un MTbiker mi guarda terrorizzato, ma è scaltro ed intuisce le mie richieste che non riesco nemmeno a declinare e si mette a disincastrare la catena. Allo stesso tempo un supporter di qualche altro atleta si mette con l’auto di traverso in mezzo alla strada e comincia a battere con il pugno sulla sella per riposizionarla. Non respiro. Non so che fare. Il cuore è fermo. Pochi minuti e ……SIIIIIIIIII….. non ci posso credere. Non so come diavolo vi chiamate, chi siete e che ci fate proprio qui in questo preciso istante, ma grazie grazie grazie grazie. Il Signore vi abbia in gloria. Riparto. Ok la sella non è proprio messa bene, ma va beh è tutto grasso che cola.

Al termine della discesa il mio team ispeziona la bici, ma la catena sotto sforzo salta. “Basta, Io mi ritiro”. No anzi. Voglio quell’applauso. Ok ci provo, ma arrivare su in cima al Gavia in queste condizioni è dura, tanto dura. Mi fermo 10 minuti da Roberta ai piedi di quest’ultima ascesa. “dormo un attimo. Per la caduta ho male dappertutto”. Espressione leggermente preoccupata, Roby rimane calma e mi pulisce le escoriazioni che nemmeno mi ero accorto di avere rifilandomi pure un antidolorifico. Cara, finora non ha sbagliato un colpo. Sempre presente e lucida, agli appuntamenti convenuti mi passa le barrette, i sali o i carboidrati. Mitttttica.

Si riparte e sul Gavia devo fare mio malgrado qualche pezzo a piedi perché nei tratti più duri la catena salta……giusto cielo, per dindirindina…….e finalmente arrivo in cima. Guardo lo spettacolo attorno, ringrazio le persone dell’organizzazione che al giro di boa mi passano la sacca con il cambio (grazie siete stati tutti fantastici, ma veramente tutti) e via in discesa senza mai riuscire ad impostare una traiettoria corretta. Io che mi autostimo così tanto per come riesco a buttarmi giù in discesa. Per fortuna non c’è quasi traffico. Frazione bici chiusa in quasi 10 ore. TROPPE. Oggi va così, ma per la piega che stava prendendo va bene dai.

Si, ma il triathlon si compone di tre frazioni. Undici ore prima c’era stata la partenza. Meglio: ore 2 sveglia. E chi ha dormito? Giocava anche l’Italia. Colazione e nel buio della notte ci dirigiamo concentrati e silenziosi in zona cambio per le solite ritualità. Imbarco sul battello lacustre alle 03.30 per arrivare alla sponda opposta del lago di Iseo da dove si partirà e come in ogni Ironman do prima un bacio sulla “cabeza” del Presidente, un bacio a Virna e uno un po’ più piccante a mia moglie Roberta. Tutto questo alla faccia del Covid, ma eravamo vaccinati e tamponati. Puntuali alle 4:00 si parte fasciati nelle nostre mute con agganciata boa luminescente per facilitare il reperimento delle salme. Il nuoto fila veramente liscio, mi sento tranquillo nonostante a me non risulti molto chiara la direzione da prendere: il buio pesto, gli occhialini che si appannano, le molte luci sulla sponda opposta……quale sarà quella giusta da puntare? Riesco comunque a tracciare una retta, forse spezzata, ed esco tra i primi 10.

Si monta finalmente in bici non prima di aver smadonnato in maniera incisiva a causa della cerniera della maglietta che si era incastrata e non voleva più saperne di scendere o salire. Provvidenziale anche in questo caso la First Lady. Sino alla discesa del Mortirolo tutto liscio come da previsione.

Già!!!!! Dicevamo della corsa in discesa. Ho male ed è chiaro che la caduta in bici sta facendo emergere i primi problemi. Virna è eccezionale e, come faceva Tino Pietrogiovanna ai tempi di Tomba, riesce a tracciare la discesa ripidissima rendendomela più dolce, ma il ginocchio fa male. “basta, Io mi ritiro. Non ce la faccio.” Invece voglio quell’applauso e corriamo verso l’ultimo passaggio a Ponte di Legno dove ci aspetta Fabio per accompagnarci negli ultimi 17 massacranti Km. Nel frattempo guardo l’orologio. Azzzz. Sono le 18:45 non ce la faremo mai ad arrivare al cancello delle 21 su al Passo del Tonale. “ok grazie a tutti, ma Io mi ritiro”. Virna imperturbabile non mi dà retta e tira dritto anzi va avanti per avvisare il team che sto arrivando.  Sono irriconoscibile e trasfigurato, ma con orgoglio grido: “Fabio. Dai. dai. ‘ndemo. La facciamo o no sta pazzia?” Fabio indossa velocemente lo zaino e si aggrega a me e Virna. Scatta nuovamente qualcosa in me. Il pensiero di mio zio Finause (che nome, eh?) si impossessa della mia mente. Al termine della II^ Guerra Mondiale lo ZIO tornò a casa a piedi dal campo di concentramento in Germania senza un cazzo di cellulare, senza GoogleMaps e senza tutte le altre APP senza le quali oggi non si fa un passo fuori di casa……tre lunghi mesi di cammino mangiando bucce di patate (alla faccia di tutte le case produttrici di integratori), senza aver la minima idea di dove si trovasse e nessuna cognizione di geografia. Azzzzzz temo di non essere il primo in famiglia ad essersi cimentato con le cose estreme…. se lui ha potuto questo, io non posso piangermi addosso.

Ingrano la marcia, testa bassa e fino al passo del Tonale non ce n’è per nessuno: mentre in tutti gli altri team il supporter è davanti a fare il ritmo, ora da qui e fino al Tonale sono sempre io davanti. Ne passo tanti, ma veramente tanti. Un supporter di un altro atleta mi scruta mentre lo passo e mi dice “che grinta, complimenti”. Ora sto volando, ma forse la molla è scattata troppo tardi!!!! Controllo l’orologio “Fabio, Virna: ce la faremo?” Tic tac. Tic tac.   Arriviamo al cancello in cima al passo del Tonale……sono le 20:40 ….. 20’ di anticipo sulla chiusura del cancello. SIIIIIIII…Vorrei rotolarmi per terra dalla gioia, nei vari test su questo stesso tratto avevo impiegato almeno 25 minuti di più. Non capisco da dove arrivi tutta sta energia e sono felice: forse Panoramix???

La mia Roby mi viene incontro urlando dalla gioia e Fabio dietro di me è emozionatissimo. Ci cambiamo per iniziare l’ascesa finale. Roba pesante. Virna? Una lama nel cuore, decide di non rischiare nell’accompagnarmi per l’ultima ascensione della giornata………nooooo. Tanto rispetto per questa wonder woman che ridendo e scherzando si è fatta 31 km con me e domenica prossima deve disputare i campionati italiani sulla media distanza. Tanta tanta stima sorella. Se non c’eri tu ero già sotto le coperte con una decina di birre in corpo e tanta rabbia.

Per me invece non è ancora finita “Fabio. Da qui in avanti non mi interessa più nulla. Ho passato l’ultimo dei cancelli, si tratta solo di arrivare su al rifugio al passo Paradiso. Adesso facciamo una passeggiata sino in cima. Andiamo piano”. Se di passeggiata si può parlare: gli ultimi 7 km con 800 metri di dislivello li abbiamo fatti in 2 ore e 20. Tenendo conto che erano già passate più di 16 ore di gara…..dai non è andata così male.

Prima di iniziare le ultime fatiche butto giù due tazze di brodo che una delle fantastiche volontarie ha preparato per noi atleti. Il brodo più buono della mia vita.

Avanziamo pian piano guadando i vari torrentini che si sono formati per lo scioglimento del ghiaccio e per la pioggia. Guardo verso l’alto e verso il basso…impareggiabile….si vedono tante lucette disseminate lungo il percorso. Sono tutte lampade frontali di altrettanti atleti e supporter. Non sono solo. Fratelli nella notte.

Pian pianino la luce del rifugio diventa sempre più intensa e la voce dello speaker mano a mano prende vigore. Ci siamo. O SANTOCIELO, ma ce l’ho fatta? Sono arrivato in cima. Mancheranno 300 mt alla fine, vedo il traguardo e mi ringalluzzisco anche se non ho più nemmeno la forza di prendere il cellulare per filmare il mio arrivo. Tanti pensieri mi passano per la mente mentre Fabio, stile Rocky Balboa, inizia a gridare i nomi di Virna e Roberta che spuntano fuori dal fascio di luci dell’arrivo. E’ buio, fa freddo e piove, ma non sento nulla. Stazioniamo un po’ in coda prima di tagliare il traguardo per consentire agli organizzatori di fare le foto come si deve dell’attraversamento della “finish line” in base agli arrivi….tocca a noi…..esplosione di gioia, abbracci, baci….un abbraccio a quattro saltellando, bacio di ringraziamento a tutti e 3 e ora dentro in rifugio. Io voglio quell’applauso…..entriamo nel rifugio…..come per ogni altro finisher, tutto e tutti all’intero si fermano ed iniziano ad applaudirmi…..erano due anni che aspettavo questo cazzo di applauso ed ora è tutto mio anzi NOSTRO. Ringrazio con un cenno della mano e mezza lacrimuccia. Un abbraccio al mio omonimo Max che ringrazio per aver organizzato questa gara fottutamente perfetta. Ora sono veramente ok. Birrrrrrraaaaaaaaaaaaaaaaaa. Patatine fritttteeeeeeeee……ayeah

Il giorno dopo durante la premiazione nella piazza di Ponte di Legno ci viene consegnato il trofeo tanto agognato, un cubo di porfido viola della Val Camonica con inciso il mio nome che provvedo a pubblicare immediatamente su Instagram. Roberta scrive “Caro il nostro Stoneman avevi deciso di farla e ci sei riuscito…ti ammiro per la forza mentale e fisica……un pezzo di porfido però dallo a me che se ti dovesse capitare di pensare di rifare una cosa del genere te lo spacco in testa”……. superflua ogni osservazione e chiare tutte le sfumature…😊

Grazie Angeli. Grazie siete stati fantastici. Abbiamo condiviso una esperienza unica che ci accompagnerà per il resto della vita.

Grazie a tutti gli organizzatori e volontari che, rispetto alle molte gare a cui ho partecipato, erano tutti coinvolti emotivamente e si sono sempre prodigati come se fossero i nostri supporter. Un voto? 10 e lode

Non ho mai capito a fondo cosa mi abbia spinto ad iscrivermi a questa gara. Tutti devono per forza dire la loro: chi dice la voglia di dimostrare agli altri le proprie capacità, chi per confermare a noi stessi chi siamo e cosa possiamo fare, chi la ricerca dei propri limiti, chi perché sei un esaltato e vista l’età faresti bene a startene tranquillo…..Boh!!! Non lo so. So solo che ho trascorso molto tempo a preparare questa gara in un momento infame a causa del Covid. Per quanto ti prepari hai sempre la sensazione di non essere mai pronto per una cosa del genere, figuriamoci quest’anno in questa situazione.

Non si tratta solo di nuotare, pedalare e correre e tagliare il traguardo.….c’è tanto altro. C’è il senso della competizione con se stessi e non contro gli altri; c’è il viaggio che inizia molti mesi prima e si conclude diverso tempo dopo il termine della gara;  c’è il cuore che DEVI gettare oltre l’ostacolo quando tutto sembra ormai compromesso; c’è il team che deve essere affiatato e che ti deve saper supportare e stimolare; c’è tanta tanta fatica fisica e mentale; c’è da incastrare tutto il resto della vita e del mondo senza mancare di rispetto alla tua famiglia, ai tuoi amici e al lavoro; ci sono le pacche sul sedere e l’incitamento a non mollare durante il percorso podistico; ci sono  gli Alè Alè urlati durante il percorso ciclistico; ci sono gli infortuni durante gli allenamenti che ti fanno dubitare di tutto; c’è l’imprevisto in gara (almeno uno, ma spesso diversi) che devi imparare a saper gestire; ci sono tanti momenti in cui sei da solo con te stesso in cui devi parlarti, incitarti, moderarti…; c’è la pazienza che devi avere quando in gara “non gira” con la consapevolezza che i momenti di sconforto sono veramente tanti (per essere ottimisti);  c’è il meteo che fa quello che gli pare e che devi imparare ad assecondare; c’è l’alimentazione che se non gestita bene ti lascia ko per strada; c’è la Fortuna che decide quello che vuole; c’è la motivazione (io voglio quell’applauso) che devi avere sempre in considerazione per superare le crisi ….ma c’è tanto tanto tanto tanto altro ancora.

Per me tutte queste cose sono state una sfida più snervante e faticosa che non la reale fatica fisica. La fatica fisica ti tiene vivo e presente. Con l’aiuto del Team credo di aver affrontato discretamente tutto quanto sopra. Team stellare già affiatato che ora con questa esperienza ha consolidato il proprio legame. Ne sono certo: questa esperienza rimarrà per sempre scolpita nei nostri cuori.

Massimo D’Antonio

Finisher Stoneman 2021

Brixia Stoneman 3 Luglio 2021

È notte. Tutto attorno ci sono le cime con ormai solo poche tracce di quello che una volta erano i ghiacciai, ma quel che rimane riflette quel poco di luce che c’è ancora nell’atmosfera. Con Fabio guardiamo ammirati questo spettacolo. Sono circa le 10 di sera e saliamo verso la meta. “Fabio. Io mi spengo. Non parlo più. Devo concentrarmi altrimenti mi fermo”. Accendiamo le luci sulla fronte e il percorso diventa veramente impegnativo, ma forse sono io che sono alla frutta. Anzi è così. Fabio non dice nulla, ma capisco che mi sta accudendo come una chioccia. Lo capisco dal fascio di luce della sua torcia frontale. Fa due passi e gira la testa verso di me che gli sono dietro. Vede che ci sono e si rigira per tracciare immediatamente il percorso meno impegnativo. Di tanto in tanto mi dice “dai Max è fatta”. Solo che io conosco molto bene quel percorso e so che ce n’è ancora per una oretta. Un passo e poi un altro.

Penso a Virna che mi ha accompagnato per 31 km di corsa/camminata e che proprio prima dell’ultima ascensione ha avvertito dei crampi.

Penso a Roberta che son tre anni che mi sopporta con ‘sta storia dell’estremo e che se stavolta non finisco mi sfascia la bici a martellate.

Si. I miei angeli ci sono per la terza volta consecutiva (anno Covid a parte). A dire il vero non me la sentivo di chiedere nuovamente al mio Presidente del Padova triathlon (Fabio Vason) e a sua moglie (la First Lady Virna Stavla) di farmi da supporter; la paura del “non c’è due senza tre” mi terrorizzava. Non avrei potuto sopportare di dare a loro una ulteriore delusione. Figuriamoci a mia moglie Roberta. Se l’insuccesso all’ICON di Livigno tutto sommato lo avevo metabolizzato, lo Stoneman del 2019 mi bruciava ancora e fino a ieri faceva ancora tanto male. Ora voglio quell’applauso.

Lo Stoneman non è solo una gara di triathlon estrema. Per uno come me alla soglia dei 60 anni è un viaggio e per giunta lungo. Tanto lungo. Le distanze sono più o meno quelle classiche dell’Ironman, ma i dislivelli sono decisamente importanti (ca. 4000 metri di dislivello in bici e oltre i 2000 a piedi). Passo dell’Aprica, Mortirolo e Gavia: in bici sempre in spinta con solo meno di 50 minuti complessivi di discesa. A piedi è anche peggio con presenza di salite su piste da sci nere e rare discese talune a rotta di collo.

Virna, dai andiamo. Voglio quell’applauso. Finalmente termino la seconda frazione e metto giù la bici in zona cambio, ma non vedo i miei angeli e scatta il turpiloquio tra la ilarità del pubblico e dei volontari. No eccoli. “mi ritiro. Basta”.

Virna non fa una piega. Roberta nemmeno e mi infila le scarpe. Iniziamo a correre a piedi.

Arriviamo alla prima stazione di rifornimento dopo 6km: ho fame, ma basta barrette e sali. Vi prego datemi del pollo, delle patatine, una birra. Per contro mi rifilano un pacchetto di cracker che apro e lascio li perché mi si chiude lo stomaco. Apposto!!!!

Via di corsa fino al 10° Km dove stramazzo a terra. “Basta io mi ritiro”. Virna come Panoramix estrae dallo zainetto la pozione magica. Non so cosa sia e senza fiatare butto giù tutto; fosse diserbante o metanolo butterei giù anche quello. Tempo 5, dico 5, ripeto 5 minuti l’integratore entra in circolo e da lì non ce n’è più per nessuno. In realtà sappiamo tutti che non esiste nulla al mondo in grado di garantire una ripresa così rapida….anzi si, un paio di cose ci sono. Ho guardato intensamente negli occhi la mia fantastica supporter; le avevo promesso di varcare assieme il traguardo. Chiamatela come volete: stima, orgoglio, riconoscenza…..ho scavato dentro di me alla ricerca delle ultime energie….forza, in piedi, passo SMALP (scuola militare alpina) e via in salita. Perché io voglio quell’applauso. Superiamo tutto ciò che è davanti a noi e la compagnia di Virna è piacevole: lei parla mentre io non riesco a fiatare.

Arriviamo alla seconda vetta (Valbione) e di lì a poco inizia una discesa ripidissima. La campionessa italiana si mette davanti per tracciare il percorso rendendomi meno penosa la discesa, ma i dolori sono troppi forti. Quali dolori?

Discesa del Mortirolo in bici qualche ora prima. “ma che ca………..o fai?” ‘Sto stronzo mi attraversa la strada senza rendersi conto che sto arrivando a tutta. Lo evito, ma sono veloce; invado la corsia opposta, la bici si scompone. Muretto alto venti centimetri con rete metallica. Ci rimbalzo e striscio sull’asfalto. Non so come, ma sono salvo. Rimonto in bici. Oggi non ho tempo per litigare. SEEEEEEE.  Ho rischiato la mia verginità nel voler salire alla bersagliera; la sella ha la punta rivolta verso l’alto e in più la catena è incastrata tra le due corone……NOOOOOOOOO. E’ finita. “Io mi ritiro”. “Oh Tu. Oh Tu. Si Tu. Tu. Ohhhhhh. Fermati fermati. dammi una mano ti prego” un MTbiker mi guarda terrorizzato, ma è scaltro ed intuisce le mie richieste che non riesco nemmeno a declinare e si mette a disincastrare la catena. Allo stesso tempo un supporter di qualche altro atleta si mette con l’auto di traverso in mezzo alla strada e comincia a battere con il pugno sulla sella per riposizionarla. Non respiro. Non so che fare. Il cuore è fermo. Pochi minuti e ……SIIIIIIIIII….. non ci posso credere. Non so come diavolo vi chiamate, chi siete e che ci fate proprio qui in questo preciso istante, ma grazie grazie grazie grazie. Il Signore vi abbia in gloria. Riparto. Ok la sella non è proprio messa bene, ma va beh è tutto grasso che cola.

Al termine della discesa il mio team ispeziona la bici, ma la catena sotto sforzo salta. “Basta, Io mi ritiro”. No anzi. Voglio quell’applauso. Ok ci provo, ma arrivare su in cima al Gavia in queste condizioni è dura, tanto dura. Mi fermo 10 minuti da Roberta ai piedi di quest’ultima ascesa. “dormo un attimo. Per la caduta ho male dappertutto”. Espressione leggermente preoccupata, Roby rimane calma e mi pulisce le escoriazioni che nemmeno mi ero accorto di avere rifilandomi pure un antidolorifico. Cara, finora non ha sbagliato un colpo. Sempre presente e lucida, agli appuntamenti convenuti mi passa le barrette, i sali o i carboidrati. Mitttttica.

Si riparte e sul Gavia devo fare mio malgrado qualche pezzo a piedi perché nei tratti più duri la catena salta……giusto cielo, per dindirindina…….e finalmente arrivo in cima. Guardo lo spettacolo attorno, ringrazio le persone dell’organizzazione che al giro di boa mi passano la sacca con il cambio (grazie siete stati tutti fantastici, ma veramente tutti) e via in discesa senza mai riuscire ad impostare una traiettoria corretta. Io che mi autostimo così tanto per come riesco a buttarmi giù in discesa. Per fortuna non c’è quasi traffico. Frazione bici chiusa in quasi 10 ore. TROPPE. Oggi va così, ma per la piega che stava prendendo va bene dai.

Si, ma il triathlon si compone di tre frazioni. Undici ore prima c’era stata la partenza. Meglio: ore 2 sveglia. E chi ha dormito? Giocava anche l’Italia. Colazione e nel buio della notte ci dirigiamo concentrati e silenziosi in zona cambio per le solite ritualità. Imbarco sul battello lacustre alle 03.30 per arrivare alla sponda opposta del lago di Iseo da dove si partirà e come in ogni Ironman do prima un bacio sulla “cabeza” del Presidente, un bacio a Virna e uno un po’ più piccante a mia moglie Roberta. Tutto questo alla faccia del Covid, ma eravamo vaccinati e tamponati. Puntuali alle 4:00 si parte fasciati nelle nostre mute con agganciata boa luminescente per facilitare il reperimento delle salme. Il nuoto fila veramente liscio, mi sento tranquillo nonostante a me non risulti molto chiara la direzione da prendere: il buio pesto, gli occhialini che si appannano, le molte luci sulla sponda opposta……quale sarà quella giusta da puntare? Riesco comunque a tracciare una retta, forse spezzata, ed esco tra i primi 10.

Si monta finalmente in bici non prima di aver smadonnato in maniera incisiva a causa della cerniera della maglietta che si era incastrata e non voleva più saperne di scendere o salire. Provvidenziale anche in questo caso la First Lady. Sino alla discesa del Mortirolo tutto liscio come da previsione.

Già!!!!! Dicevamo della corsa in discesa. Ho male ed è chiaro che la caduta in bici sta facendo emergere i primi problemi. Virna è eccezionale e, come faceva Tino Pietrogiovanna ai tempi di Tomba, riesce a tracciare la discesa ripidissima rendendomela più dolce, ma il ginocchio fa male. “basta, Io mi ritiro. Non ce la faccio.” Invece voglio quell’applauso e corriamo verso l’ultimo passaggio a Ponte di Legno dove ci aspetta Fabio per accompagnarci negli ultimi 17 massacranti Km. Nel frattempo guardo l’orologio. Azzzz. Sono le 18:45 non ce la faremo mai ad arrivare al cancello delle 21 su al Passo del Tonale. “ok grazie a tutti, ma Io mi ritiro”. Virna imperturbabile non mi dà retta e tira dritto anzi va avanti per avvisare il team che sto arrivando.  Sono irriconoscibile e trasfigurato, ma con orgoglio grido: “Fabio. Dai. dai. ‘ndemo. La facciamo o no sta pazzia?” Fabio indossa velocemente lo zaino e si aggrega a me e Virna. Scatta nuovamente qualcosa in me. Il pensiero di mio zio Finause (che nome, eh?) si impossessa della mia mente. Al termine della II^ Guerra Mondiale lo ZIO tornò a casa a piedi dal campo di concentramento in Germania senza un cazzo di cellulare, senza GoogleMaps e senza tutte le altre APP senza le quali oggi non si fa un passo fuori di casa……tre lunghi mesi di cammino mangiando bucce di patate (alla faccia di tutte le case produttrici di integratori), senza aver la minima idea di dove si trovasse e nessuna cognizione di geografia. Azzzzzz temo di non essere il primo in famiglia ad essersi cimentato con le cose estreme…. se lui ha potuto questo, io non posso piangermi addosso.

Ingrano la marcia, testa bassa e fino al passo del Tonale non ce n’è per nessuno: mentre in tutti gli altri team il supporter è davanti a fare il ritmo, ora da qui e fino al Tonale sono sempre io davanti. Ne passo tanti, ma veramente tanti. Un supporter di un altro atleta mi scruta mentre lo passo e mi dice “che grinta, complimenti”. Ora sto volando, ma forse la molla è scattata troppo tardi!!!! Controllo l’orologio “Fabio, Virna: ce la faremo?” Tic tac. Tic tac.   Arriviamo al cancello in cima al passo del Tonale……sono le 20:40 ….. 20’ di anticipo sulla chiusura del cancello. SIIIIIIII…Vorrei rotolarmi per terra dalla gioia, nei vari test su questo stesso tratto avevo impiegato almeno 25 minuti di più. Non capisco da dove arrivi tutta sta energia e sono felice: forse Panoramix???

La mia Roby mi viene incontro urlando dalla gioia e Fabio dietro di me è emozionatissimo. Ci cambiamo per iniziare l’ascesa finale. Roba pesante. Virna? Una lama nel cuore, decide di non rischiare nell’accompagnarmi per l’ultima ascensione della giornata………nooooo. Tanto rispetto per questa wonder woman che ridendo e scherzando si è fatta 31 km con me e domenica prossima deve disputare i campionati italiani sulla media distanza. Tanta tanta stima sorella. Se non c’eri tu ero già sotto le coperte con una decina di birre in corpo e tanta rabbia.

Per me invece non è ancora finita “Fabio. Da qui in avanti non mi interessa più nulla. Ho passato l’ultimo dei cancelli, si tratta solo di arrivare su al rifugio al passo Paradiso. Adesso facciamo una passeggiata sino in cima. Andiamo piano”. Se di passeggiata si può parlare: gli ultimi 7 km con 800 metri di dislivello li abbiamo fatti in 2 ore e 20. Tenendo conto che erano già passate più di 16 ore di gara…..dai non è andata così male.

Prima di iniziare le ultime fatiche butto giù due tazze di brodo che una delle fantastiche volontarie ha preparato per noi atleti. Il brodo più buono della mia vita.

Avanziamo pian piano guadando i vari torrentini che si sono formati per lo scioglimento del ghiaccio e per la pioggia. Guardo verso l’alto e verso il basso…impareggiabile….si vedono tante lucette disseminate lungo il percorso. Sono tutte lampade frontali di altrettanti atleti e supporter. Non sono solo. Fratelli nella notte.

Pian pianino la luce del rifugio diventa sempre più intensa e la voce dello speaker mano a mano prende vigore. Ci siamo. O SANTOCIELO, ma ce l’ho fatta? Sono arrivato in cima. Mancheranno 300 mt alla fine, vedo il traguardo e mi ringalluzzisco anche se non ho più nemmeno la forza di prendere il cellulare per filmare il mio arrivo. Tanti pensieri mi passano per la mente mentre Fabio, stile Rocky Balboa, inizia a gridare i nomi di Virna e Roberta che spuntano fuori dal fascio di luci dell’arrivo. E’ buio, fa freddo e piove, ma non sento nulla. Stazioniamo un po’ in coda prima di tagliare il traguardo per consentire agli organizzatori di fare le foto come si deve dell’attraversamento della “finish line” in base agli arrivi….tocca a noi…..esplosione di gioia, abbracci, baci….un abbraccio a quattro saltellando, bacio di ringraziamento a tutti e 3 e ora dentro in rifugio. Io voglio quell’applauso…..entriamo nel rifugio…..come per ogni altro finisher, tutto e tutti all’intero si fermano ed iniziano ad applaudirmi…..erano due anni che aspettavo questo cazzo di applauso ed ora è tutto mio anzi NOSTRO. Ringrazio con un cenno della mano e mezza lacrimuccia. Un abbraccio al mio omonimo Max che ringrazio per aver organizzato questa gara fottutamente perfetta. Ora sono veramente ok. Birrrrrrraaaaaaaaaaaaaaaaaa. Patatine fritttteeeeeeeee……ayeah

Il giorno dopo durante la premiazione nella piazza di Ponte di Legno ci viene consegnato il trofeo tanto agognato, un cubo di porfido viola della Val Camonica con inciso il mio nome che provvedo a pubblicare immediatamente su Instagram. Roberta scrive “Caro il nostro Stoneman avevi deciso di farla e ci sei riuscito…ti ammiro per la forza mentale e fisica……un pezzo di porfido però dallo a me che se ti dovesse capitare di pensare di rifare una cosa del genere te lo spacco in testa”……. superflua ogni osservazione e chiare tutte le sfumature…😊

Grazie Angeli. Grazie siete stati fantastici. Abbiamo condiviso una esperienza unica che ci accompagnerà per il resto della vita.

Grazie a tutti gli organizzatori e volontari che, rispetto alle molte gare a cui ho partecipato, erano tutti coinvolti emotivamente e si sono sempre prodigati come se fossero i nostri supporter. Un voto? 10 e lode

Non ho mai capito a fondo cosa mi abbia spinto ad iscrivermi a questa gara. Tutti devono per forza dire la loro: chi dice la voglia di dimostrare agli altri le proprie capacità, chi per confermare a noi stessi chi siamo e cosa possiamo fare, chi la ricerca dei propri limiti, chi perché sei un esaltato e vista l’età faresti bene a startene tranquillo…..Boh!!! Non lo so. So solo che ho trascorso molto tempo a preparare questa gara in un momento infame a causa del Covid. Per quanto ti prepari hai sempre la sensazione di non essere mai pronto per una cosa del genere, figuriamoci quest’anno in questa situazione.

Non si tratta solo di nuotare, pedalare e correre e tagliare il traguardo.….c’è tanto altro. C’è il senso della competizione con se stessi e non contro gli altri; c’è il viaggio che inizia molti mesi prima e si conclude diverso tempo dopo il termine della gara;  c’è il cuore che DEVI gettare oltre l’ostacolo quando tutto sembra ormai compromesso; c’è il team che deve essere affiatato e che ti deve saper supportare e stimolare; c’è tanta tanta fatica fisica e mentale; c’è da incastrare tutto il resto della vita e del mondo senza mancare di rispetto alla tua famiglia, ai tuoi amici e al lavoro; ci sono le pacche sul sedere e l’incitamento a non mollare durante il percorso podistico; ci sono  gli Alè Alè urlati durante il percorso ciclistico; ci sono gli infortuni durante gli allenamenti che ti fanno dubitare di tutto; c’è l’imprevisto in gara (almeno uno, ma spesso diversi) che devi imparare a saper gestire; ci sono tanti momenti in cui sei da solo con te stesso in cui devi parlarti, incitarti, moderarti…; c’è la pazienza che devi avere quando in gara “non gira” con la consapevolezza che i momenti di sconforto sono veramente tanti (per essere ottimisti);  c’è il meteo che fa quello che gli pare e che devi imparare ad assecondare; c’è l’alimentazione che se non gestita bene ti lascia ko per strada; c’è la Fortuna che decide quello che vuole; c’è la motivazione (io voglio quell’applauso) che devi avere sempre in considerazione per superare le crisi ….ma c’è tanto tanto tanto tanto altro ancora.

Per me tutte queste cose sono state una sfida più snervante e faticosa che non la reale fatica fisica. La fatica fisica ti tiene vivo e presente. Con l’aiuto del Team credo di aver affrontato discretamente tutto quanto sopra. Team stellare già affiatato che ora con questa esperienza ha consolidato il proprio legame. Ne sono certo: questa esperienza rimarrà per sempre scolpita nei nostri cuori.

Massimo D’Antonio

Finisher Stoneman 2021

2022

Andrea Rosa

È notte. Tutto attorno ci sono le cime con ormai solo poche tracce di quello che una volta erano i ghiacciai, ma quel che rimane riflette quel poco di luce che c’è ancora nell’atmosfera. Con Fabio guardiamo ammirati questo spettacolo. Sono circa le 10 di sera e saliamo verso la meta. “Fabio. Io mi spengo. Non parlo più. Devo concentrarmi altrimenti mi fermo”. Accendiamo le luci sulla fronte e il percorso diventa veramente impegnativo, ma forse sono io che sono alla frutta. Anzi è così. Fabio non dice nulla, ma capisco che mi sta accudendo come una chioccia. Lo capisco dal fascio di luce della sua torcia frontale. Fa due passi e gira la testa verso di me che gli sono dietro. Vede che ci sono e si rigira per tracciare immediatamente il percorso meno impegnativo. Di tanto in tanto mi dice “dai Max è fatta”. Solo che io conosco molto bene quel percorso e so che ce n’è ancora per una oretta. Un passo e poi un altro.

Penso a Virna che mi ha accompagnato per 31 km di corsa/camminata e che proprio prima dell’ultima ascensione ha avvertito dei crampi.

Penso a Roberta che son tre anni che mi sopporta con ‘sta storia dell’estremo e che se stavolta non finisco mi sfascia la bici a martellate.

Si. I miei angeli ci sono per la terza volta consecutiva (anno Covid a parte). A dire il vero non me la sentivo di chiedere nuovamente al mio Presidente del Padova triathlon (Fabio Vason) e a sua moglie (la First Lady Virna Stavla) di farmi da supporter; la paura del “non c’è due senza tre” mi terrorizzava. Non avrei potuto sopportare di dare a loro una ulteriore delusione. Figuriamoci a mia moglie Roberta. Se l’insuccesso all’ICON di Livigno tutto sommato lo avevo metabolizzato, lo Stoneman del 2019 mi bruciava ancora e fino a ieri faceva ancora tanto male. Ora voglio quell’applauso.

Lo Stoneman non è solo una gara di triathlon estrema. Per uno come me alla soglia dei 60 anni è un viaggio e per giunta lungo. Tanto lungo. Le distanze sono più o meno quelle classiche dell’Ironman, ma i dislivelli sono decisamente importanti (ca. 4000 metri di dislivello in bici e oltre i 2000 a piedi). Passo dell’Aprica, Mortirolo e Gavia: in bici sempre in spinta con solo meno di 50 minuti complessivi di discesa. A piedi è anche peggio con presenza di salite su piste da sci nere e rare discese talune a rotta di collo.

Virna, dai andiamo. Voglio quell’applauso. Finalmente termino la seconda frazione e metto giù la bici in zona cambio, ma non vedo i miei angeli e scatta il turpiloquio tra la ilarità del pubblico e dei volontari. No eccoli. “mi ritiro. Basta”.

Virna non fa una piega. Roberta nemmeno e mi infila le scarpe. Iniziamo a correre a piedi.

Arriviamo alla prima stazione di rifornimento dopo 6km: ho fame, ma basta barrette e sali. Vi prego datemi del pollo, delle patatine, una birra. Per contro mi rifilano un pacchetto di cracker che apro e lascio li perché mi si chiude lo stomaco. Apposto!!!!

Via di corsa fino al 10° Km dove stramazzo a terra. “Basta io mi ritiro”. Virna come Panoramix estrae dallo zainetto la pozione magica. Non so cosa sia e senza fiatare butto giù tutto; fosse diserbante o metanolo butterei giù anche quello. Tempo 5, dico 5, ripeto 5 minuti l’integratore entra in circolo e da lì non ce n’è più per nessuno. In realtà sappiamo tutti che non esiste nulla al mondo in grado di garantire una ripresa così rapida….anzi si, un paio di cose ci sono. Ho guardato intensamente negli occhi la mia fantastica supporter; le avevo promesso di varcare assieme il traguardo. Chiamatela come volete: stima, orgoglio, riconoscenza…..ho scavato dentro di me alla ricerca delle ultime energie….forza, in piedi, passo SMALP (scuola militare alpina) e via in salita. Perché io voglio quell’applauso. Superiamo tutto ciò che è davanti a noi e la compagnia di Virna è piacevole: lei parla mentre io non riesco a fiatare.

Arriviamo alla seconda vetta (Valbione) e di lì a poco inizia una discesa ripidissima. La campionessa italiana si mette davanti per tracciare il percorso rendendomi meno penosa la discesa, ma i dolori sono troppi forti. Quali dolori?

Discesa del Mortirolo in bici qualche ora prima. “ma che ca………..o fai?” ‘Sto stronzo mi attraversa la strada senza rendersi conto che sto arrivando a tutta. Lo evito, ma sono veloce; invado la corsia opposta, la bici si scompone. Muretto alto venti centimetri con rete metallica. Ci rimbalzo e striscio sull’asfalto. Non so come, ma sono salvo. Rimonto in bici. Oggi non ho tempo per litigare. SEEEEEEE.  Ho rischiato la mia verginità nel voler salire alla bersagliera; la sella ha la punta rivolta verso l’alto e in più la catena è incastrata tra le due corone……NOOOOOOOOO. E’ finita. “Io mi ritiro”. “Oh Tu. Oh Tu. Si Tu. Tu. Ohhhhhh. Fermati fermati. dammi una mano ti prego” un MTbiker mi guarda terrorizzato, ma è scaltro ed intuisce le mie richieste che non riesco nemmeno a declinare e si mette a disincastrare la catena. Allo stesso tempo un supporter di qualche altro atleta si mette con l’auto di traverso in mezzo alla strada e comincia a battere con il pugno sulla sella per riposizionarla. Non respiro. Non so che fare. Il cuore è fermo. Pochi minuti e ……SIIIIIIIIII….. non ci posso credere. Non so come diavolo vi chiamate, chi siete e che ci fate proprio qui in questo preciso istante, ma grazie grazie grazie grazie. Il Signore vi abbia in gloria. Riparto. Ok la sella non è proprio messa bene, ma va beh è tutto grasso che cola.

Al termine della discesa il mio team ispeziona la bici, ma la catena sotto sforzo salta. “Basta, Io mi ritiro”. No anzi. Voglio quell’applauso. Ok ci provo, ma arrivare su in cima al Gavia in queste condizioni è dura, tanto dura. Mi fermo 10 minuti da Roberta ai piedi di quest’ultima ascesa. “dormo un attimo. Per la caduta ho male dappertutto”. Espressione leggermente preoccupata, Roby rimane calma e mi pulisce le escoriazioni che nemmeno mi ero accorto di avere rifilandomi pure un antidolorifico. Cara, finora non ha sbagliato un colpo. Sempre presente e lucida, agli appuntamenti convenuti mi passa le barrette, i sali o i carboidrati. Mitttttica.

Si riparte e sul Gavia devo fare mio malgrado qualche pezzo a piedi perché nei tratti più duri la catena salta……giusto cielo, per dindirindina…….e finalmente arrivo in cima. Guardo lo spettacolo attorno, ringrazio le persone dell’organizzazione che al giro di boa mi passano la sacca con il cambio (grazie siete stati tutti fantastici, ma veramente tutti) e via in discesa senza mai riuscire ad impostare una traiettoria corretta. Io che mi autostimo così tanto per come riesco a buttarmi giù in discesa. Per fortuna non c’è quasi traffico. Frazione bici chiusa in quasi 10 ore. TROPPE. Oggi va così, ma per la piega che stava prendendo va bene dai.

Si, ma il triathlon si compone di tre frazioni. Undici ore prima c’era stata la partenza. Meglio: ore 2 sveglia. E chi ha dormito? Giocava anche l’Italia. Colazione e nel buio della notte ci dirigiamo concentrati e silenziosi in zona cambio per le solite ritualità. Imbarco sul battello lacustre alle 03.30 per arrivare alla sponda opposta del lago di Iseo da dove si partirà e come in ogni Ironman do prima un bacio sulla “cabeza” del Presidente, un bacio a Virna e uno un po’ più piccante a mia moglie Roberta. Tutto questo alla faccia del Covid, ma eravamo vaccinati e tamponati. Puntuali alle 4:00 si parte fasciati nelle nostre mute con agganciata boa luminescente per facilitare il reperimento delle salme. Il nuoto fila veramente liscio, mi sento tranquillo nonostante a me non risulti molto chiara la direzione da prendere: il buio pesto, gli occhialini che si appannano, le molte luci sulla sponda opposta……quale sarà quella giusta da puntare? Riesco comunque a tracciare una retta, forse spezzata, ed esco tra i primi 10.

Si monta finalmente in bici non prima di aver smadonnato in maniera incisiva a causa della cerniera della maglietta che si era incastrata e non voleva più saperne di scendere o salire. Provvidenziale anche in questo caso la First Lady. Sino alla discesa del Mortirolo tutto liscio come da previsione.

Già!!!!! Dicevamo della corsa in discesa. Ho male ed è chiaro che la caduta in bici sta facendo emergere i primi problemi. Virna è eccezionale e, come faceva Tino Pietrogiovanna ai tempi di Tomba, riesce a tracciare la discesa ripidissima rendendomela più dolce, ma il ginocchio fa male. “basta, Io mi ritiro. Non ce la faccio.” Invece voglio quell’applauso e corriamo verso l’ultimo passaggio a Ponte di Legno dove ci aspetta Fabio per accompagnarci negli ultimi 17 massacranti Km. Nel frattempo guardo l’orologio. Azzzz. Sono le 18:45 non ce la faremo mai ad arrivare al cancello delle 21 su al Passo del Tonale. “ok grazie a tutti, ma Io mi ritiro”. Virna imperturbabile non mi dà retta e tira dritto anzi va avanti per avvisare il team che sto arrivando.  Sono irriconoscibile e trasfigurato, ma con orgoglio grido: “Fabio. Dai. dai. ‘ndemo. La facciamo o no sta pazzia?” Fabio indossa velocemente lo zaino e si aggrega a me e Virna. Scatta nuovamente qualcosa in me. Il pensiero di mio zio Finause (che nome, eh?) si impossessa della mia mente. Al termine della II^ Guerra Mondiale lo ZIO tornò a casa a piedi dal campo di concentramento in Germania senza un cazzo di cellulare, senza GoogleMaps e senza tutte le altre APP senza le quali oggi non si fa un passo fuori di casa……tre lunghi mesi di cammino mangiando bucce di patate (alla faccia di tutte le case produttrici di integratori), senza aver la minima idea di dove si trovasse e nessuna cognizione di geografia. Azzzzzz temo di non essere il primo in famiglia ad essersi cimentato con le cose estreme…. se lui ha potuto questo, io non posso piangermi addosso.

Ingrano la marcia, testa bassa e fino al passo del Tonale non ce n’è per nessuno: mentre in tutti gli altri team il supporter è davanti a fare il ritmo, ora da qui e fino al Tonale sono sempre io davanti. Ne passo tanti, ma veramente tanti. Un supporter di un altro atleta mi scruta mentre lo passo e mi dice “che grinta, complimenti”. Ora sto volando, ma forse la molla è scattata troppo tardi!!!! Controllo l’orologio “Fabio, Virna: ce la faremo?” Tic tac. Tic tac.   Arriviamo al cancello in cima al passo del Tonale……sono le 20:40 ….. 20’ di anticipo sulla chiusura del cancello. SIIIIIIII…Vorrei rotolarmi per terra dalla gioia, nei vari test su questo stesso tratto avevo impiegato almeno 25 minuti di più. Non capisco da dove arrivi tutta sta energia e sono felice: forse Panoramix???

La mia Roby mi viene incontro urlando dalla gioia e Fabio dietro di me è emozionatissimo. Ci cambiamo per iniziare l’ascesa finale. Roba pesante. Virna? Una lama nel cuore, decide di non rischiare nell’accompagnarmi per l’ultima ascensione della giornata………nooooo. Tanto rispetto per questa wonder woman che ridendo e scherzando si è fatta 31 km con me e domenica prossima deve disputare i campionati italiani sulla media distanza. Tanta tanta stima sorella. Se non c’eri tu ero già sotto le coperte con una decina di birre in corpo e tanta rabbia.

Per me invece non è ancora finita “Fabio. Da qui in avanti non mi interessa più nulla. Ho passato l’ultimo dei cancelli, si tratta solo di arrivare su al rifugio al passo Paradiso. Adesso facciamo una passeggiata sino in cima. Andiamo piano”. Se di passeggiata si può parlare: gli ultimi 7 km con 800 metri di dislivello li abbiamo fatti in 2 ore e 20. Tenendo conto che erano già passate più di 16 ore di gara…..dai non è andata così male.

Prima di iniziare le ultime fatiche butto giù due tazze di brodo che una delle fantastiche volontarie ha preparato per noi atleti. Il brodo più buono della mia vita.

Avanziamo pian piano guadando i vari torrentini che si sono formati per lo scioglimento del ghiaccio e per la pioggia. Guardo verso l’alto e verso il basso…impareggiabile….si vedono tante lucette disseminate lungo il percorso. Sono tutte lampade frontali di altrettanti atleti e supporter. Non sono solo. Fratelli nella notte.

Pian pianino la luce del rifugio diventa sempre più intensa e la voce dello speaker mano a mano prende vigore. Ci siamo. O SANTOCIELO, ma ce l’ho fatta? Sono arrivato in cima. Mancheranno 300 mt alla fine, vedo il traguardo e mi ringalluzzisco anche se non ho più nemmeno la forza di prendere il cellulare per filmare il mio arrivo. Tanti pensieri mi passano per la mente mentre Fabio, stile Rocky Balboa, inizia a gridare i nomi di Virna e Roberta che spuntano fuori dal fascio di luci dell’arrivo. E’ buio, fa freddo e piove, ma non sento nulla. Stazioniamo un po’ in coda prima di tagliare il traguardo per consentire agli organizzatori di fare le foto come si deve dell’attraversamento della “finish line” in base agli arrivi….tocca a noi…..esplosione di gioia, abbracci, baci….un abbraccio a quattro saltellando, bacio di ringraziamento a tutti e 3 e ora dentro in rifugio. Io voglio quell’applauso…..entriamo nel rifugio…..come per ogni altro finisher, tutto e tutti all’intero si fermano ed iniziano ad applaudirmi…..erano due anni che aspettavo questo cazzo di applauso ed ora è tutto mio anzi NOSTRO. Ringrazio con un cenno della mano e mezza lacrimuccia. Un abbraccio al mio omonimo Max che ringrazio per aver organizzato questa gara fottutamente perfetta. Ora sono veramente ok. Birrrrrrraaaaaaaaaaaaaaaaaa. Patatine fritttteeeeeeeee……ayeah

Il giorno dopo durante la premiazione nella piazza di Ponte di Legno ci viene consegnato il trofeo tanto agognato, un cubo di porfido viola della Val Camonica con inciso il mio nome che provvedo a pubblicare immediatamente su Instagram. Roberta scrive “Caro il nostro Stoneman avevi deciso di farla e ci sei riuscito…ti ammiro per la forza mentale e fisica……un pezzo di porfido però dallo a me che se ti dovesse capitare di pensare di rifare una cosa del genere te lo spacco in testa”……. superflua ogni osservazione e chiare tutte le sfumature…😊

Grazie Angeli. Grazie siete stati fantastici. Abbiamo condiviso una esperienza unica che ci accompagnerà per il resto della vita.

Grazie a tutti gli organizzatori e volontari che, rispetto alle molte gare a cui ho partecipato, erano tutti coinvolti emotivamente e si sono sempre prodigati come se fossero i nostri supporter. Un voto? 10 e lode

Non ho mai capito a fondo cosa mi abbia spinto ad iscrivermi a questa gara. Tutti devono per forza dire la loro: chi dice la voglia di dimostrare agli altri le proprie capacità, chi per confermare a noi stessi chi siamo e cosa possiamo fare, chi la ricerca dei propri limiti, chi perché sei un esaltato e vista l’età faresti bene a startene tranquillo…..Boh!!! Non lo so. So solo che ho trascorso molto tempo a preparare questa gara in un momento infame a causa del Covid. Per quanto ti prepari hai sempre la sensazione di non essere mai pronto per una cosa del genere, figuriamoci quest’anno in questa situazione.

Non si tratta solo di nuotare, pedalare e correre e tagliare il traguardo.….c’è tanto altro. C’è il senso della competizione con se stessi e non contro gli altri; c’è il viaggio che inizia molti mesi prima e si conclude diverso tempo dopo il termine della gara;  c’è il cuore che DEVI gettare oltre l’ostacolo quando tutto sembra ormai compromesso; c’è il team che deve essere affiatato e che ti deve saper supportare e stimolare; c’è tanta tanta fatica fisica e mentale; c’è da incastrare tutto il resto della vita e del mondo senza mancare di rispetto alla tua famiglia, ai tuoi amici e al lavoro; ci sono le pacche sul sedere e l’incitamento a non mollare durante il percorso podistico; ci sono  gli Alè Alè urlati durante il percorso ciclistico; ci sono gli infortuni durante gli allenamenti che ti fanno dubitare di tutto; c’è l’imprevisto in gara (almeno uno, ma spesso diversi) che devi imparare a saper gestire; ci sono tanti momenti in cui sei da solo con te stesso in cui devi parlarti, incitarti, moderarti…; c’è la pazienza che devi avere quando in gara “non gira” con la consapevolezza che i momenti di sconforto sono veramente tanti (per essere ottimisti);  c’è il meteo che fa quello che gli pare e che devi imparare ad assecondare; c’è l’alimentazione che se non gestita bene ti lascia ko per strada; c’è la Fortuna che decide quello che vuole; c’è la motivazione (io voglio quell’applauso) che devi avere sempre in considerazione per superare le crisi ….ma c’è tanto tanto tanto tanto altro ancora.

Per me tutte queste cose sono state una sfida più snervante e faticosa che non la reale fatica fisica. La fatica fisica ti tiene vivo e presente. Con l’aiuto del Team credo di aver affrontato discretamente tutto quanto sopra. Team stellare già affiatato che ora con questa esperienza ha consolidato il proprio legame. Ne sono certo: questa esperienza rimarrà per sempre scolpita nei nostri cuori.

Massimo D’Antonio

Finisher Stoneman 2021

Liliana

Liliana Super!!!!

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